Controfosso al Canale Emissario, altro che opera incompiuta! Il Consorzio ha salvato i reperti archeologici dell’età del bronzo ritrovati durante gli scavi

L’Ente consortile ricorda la vicenda che portò il Padule alla ribalta nazionale e sottolinea: “Infrastruttura funzionante da tempo”

pubblicazione Ciampoltrini
La pubblicazione, a cura di Giulio Ciampoltrini della Soprintendenza per i beni Archeologici della Toscana, dedicata alla vicenda
Controfosso Canale Emissario
Il controfosso del Canale Emissario

“Il controfosso del Canale Emissario è un’opera che da tempo adempie perfettamente alla funzione per cui è stata progettata e realizzata: allontanare le acque dalla via Bientinese, al confine tra i comuni di Altopascio, Castelfranco di Sotto e Bientina”.
Così il Consorzio di Bonifica 1 Toscana Nord, circa la notizia dell’inserimento dell’intervento nell’elenco del Ministero delle Infrastrutture delle opere che risultano incompiute. L’Ente consortile ripercorre la storia di questo cantiere, che a metà degli anni 2000 tanto clamore raccolse, anche sulla stampa nazionale, per gli importanti ritrovamenti archeologici che lo caratterizzarono.
“Era il 2006, e l’area del Padule fu improvvisamente inghiottita nel vortice dei media italiani – ricorda il Consorzio – Dal movimento della terra prodotto dai nostri scavi, emerse infatti un insediamento, datato nell’età del Bronzo Finale, intorno all’anno 1000 avanti cristo. Non si trattava certo di una sorpresa assoluta, perché era noto da tempo come la terra dell’Auser fosse zona di antichissimi passaggi: da lì la scelta, fin dall’avvio dell’opera, di collaborare passo passo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. Ma, nonostante ciò, i ritrovamenti – per la loro natura e le loro caratteristiche – rappresentarono comunque un accadimento di rilievo assoluto. Per questo il Consorzio, in accordo con la Soprintendenza stessa e la Regione Toscana, decise di bloccare immediatamente gli scavi, per salvare i reperti che altrimenti sarebbero andati perduti, e di destinare una parte delle risorse individuate per i lavori per finanziare direttamente la prima fase di ricerca e studio. Col senno di poi fu una scelta lungimirante, perché grazie a quello stanziamento nel 2007 fu compiuto un ritrovamento ancora più sorprendente”. L’intera storia è documentata anche nella pubblicazione “Fossa Cinque della Bonifica di Bientina”, a cura di Giulio Ciampoltrini, edita nel 2010.
“L’intervento per la realizzazione del controfosso fu infine completato – prosegue il Consorzio di Bonifica – Certo, rispetto al progetto originario manca un tratto residuale, che contiamo di realizzare non appena saranno intercettate le relative risorse. Ma, come spiegato, il ridimensionamento temporaneo della pianificazione è dipeso da a una precisa scelta compiuta dall’Ente consortile, finalizzata a stornare una parte del finanziamento per le operazioni archeologiche, al fine di non compromettere un così importante patrimonio storico. Siamo infatti convinti che un Ente come il nostro, che si occupa della cura del territorio, debba compiere la sia funzione a 360 gradi, coniugando, per quanto possibile, la sicurezza idraulica con la promozione ambientale, artistica e, in questo caso, archeologica”.